Potete iniziare in mille modi…
Con sordide atmosfere «Fumo, sudore: alle tre del mattino l’odore di un casinò dove si gioca forte è nauseante. […] All’improvviso James Bond si era accorto di essere stanco»
(Casino Royale, Ian Fleming)
Con un brivido «Il terrore che sarebbe durato per ventotto anni, ma forse di più, ebbe inizio, per quel che mi è dato di sapere e narrare, con una barchetta di carta di giornale che scendeva lungo un marciapiede in un rivolo gonfio di pioggia»
(IT, Stephen King)
Con un tocco di magia «Tutti i bambini crescono. Tranne uno.»
(Peter Pan, James Barrie)


Con spavalderia «…magari vorrete sapere prima di tutto dove sono nato e com’è stata la mia infanzia schifa e che cosa facevano i miei genitori e compagnia bella prima che arrivassi io, e tutte quelle baggianate alla David Copperfield, ma a me non mi va proprio di parlarne»
(Il giovane Holden, J.D. Salinger)
Si può dirlo con autoironia tutta inglese «C’è chi legge per istruirsi, ed è cosa encomiabile, e chi per diletto, ed è cosa innocua; ma altri, e non sono pochi, leggono perché non possono farne a meno, e direi che ciò non è né innocuo né encomiabile. Io faccio parte di questa deplorevole categoria…»
(La sacca dei libri, W. Somerset Maugham)
…si può provare a essere metaletterari «C’era una volta… – Un re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno…»
(Pinocchio, Carlo Collodi)
…o da noie pomeridiane foriere di grandi avventure «Alice cominciava a essere veramente stufa di star seduta senza far niente accanto alla sorella, sulla riva del fiume. Una o due volte aveva provato a dare un’occhiata al libro… «Che me ne faccio di un libro senza figure e senza filastrocche?», pensava Alice […] quando ecco che improvvisamente le passò proprio davanti un Coniglio Bianco con gli occhi rosa»
(Alice nel paese delle meraviglie, Lewis Carrol)


A volte il benvenuto è sontuoso «Sollecitato dal conte Trelawney, dal dottor Livesey e dal resto della brigata a scrivere la storia della nostra avventura all’Isola del Tesoro, con tutti i suoi particolari, nessuno escluso, salvo la posizione dell’isola, e ciò perché una parte del tesoro vi è ancora nascosta, io prendo la penna nell’anno di grazia 17…»
(L’Isola del Tesoro, Robert L. Stevenson)
C’è chi è pungente, ma con sentimento «È una verità universalmente riconosciuta, che uno scapolo in possesso di un’ampia fortuna debba avere bisogno di una moglie. Per quanto poco si possa sapere circa i sentimenti o i punti di vista di un uomo del genere al suo primo apparire nel vicinato, questa verità è così saldamente fissata nelle menti delle famiglie del circondario, da considerarlo di legittima proprietà di una o l’altra delle loro figlie»
(Orgoglio e pregiudizio, Jane Austen)
E chi con saggezza sa riassumere il tutto «Queste cose non avvennero mai, ma sono sempre»
(Salustio, Degli dèi e del mondo)


… ma qualunque sia l’incipit del vostro romanzo preferito una storia resta sempre il veicolo cui affidiamo ben più del bisogno di condividere, comunicare, raccontare a un pubblico. Narrare ieri e oggi, attorno a un focolare o davanti al monitor di un computer, è dar voce a ciò che è più profondamente nostro, un istinto, un mistero che ci appartiene e al quale apparteniamo, parte cruciale della nostra essenza: il desiderio; ciò che motiva chi scrive come chi legge, l’ansia di guardare altrove, di trovarci dove ancora non siamo, di sperimentare, direttamente o per interposta persona, piani differenti di realtà.
Desiderio di viaggiare, amare, combattere, esplorare, possedere, vincere o perdere, soffrire o gioire con quell’intensità di cui la vita quotidiana è spesso avara. Non è Jay Gatsby a restare vittima del suo sogno romantico, non è Portnoy a lamentarsi di tutto, né Gulliver a trovarsi invischiato tra nanetti e altre strane creature. Siamo noi; noi che leggiamo; e sono loro, Scott Fitzgerald, Philip Roth e Jonathan Swift, mentre scrivevano quelle celebri storie.
Un libro vive indipendentemente dal suo autore. Come una voce pronta a intrecciarsi ad altre voci, le nostre, per arricchirle e mostrare possibilità nuove.
Un romanzo cos’è, se non una proposta che si fa incontro ai nostri desideri? Come un’automobile nuova, un casa dove cominciare o ricominciare una vita, un abito su misura, una crociera ai Caraibi, un conto corrente adatto a noi, un bicchiere di brandy, un televisore più grande… Ma una storia ben raccontata, rispetto alle cose di cui è auspicabilmente costellata la propria esistenza, sa donarci la tridimensionalità del contesto, tracciare più efficacemente di qualunque spot o campagna pubblicitaria i confini dell’esperienza complessiva in cui singoli episodi e oggetti e individui e azioni interagiscono, fino a tessere nel loro insieme la trama della vita. La vita che desideriamo, o temiamo, o entrambe le cose insieme. Ogni libro, ogni narrazione, di quella vita ce ne offre un pezzetto, ed è tutto ciò che possiamo avere. Il resto, appunto, è desiderio.
E possibilità infinita di andargli incontro, ancora, e ancora.
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