I giorni, ogni giorno
L’io è una casa fragile che continuamente ci troviamo ad aggiustare nella speranza che tenga (Una casa fragile / costruita con incerto mestiere). Certo che però tutto intorno le cose cambiano, «e questo è dolore più grande» direbbe Marcel Proust. Così ci troviamo a chiedere a noi stessi: «Mia casa, dove sono le sparite genti, dove la patria, l’esistenza?». Non stupisce allora che di notte ci si debba rifugiare nel pensiero del giorno, o che invece qualcuno potrebbe non farcela e decidere di non proseguire lo sforzo (Giace sul marciapiede / come una cosa perduta / o abbandonata)
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Eppure qualcosa rimane ancora da tentare, volgere il proprio sguardo in alto, come una preghiera: «Ma curvati Cielo! / Ascolta l’immane silenzio, / consola le tue creature…». Perché basta che qualcuno ce ne parli, una persona che amiamo, la propria madre, che una nuova pace entra dentro di noi (Scomparve prima di mostrarmi il volto. / E per me fu stupore sereno, fu calma: / forse non ero sola sulla strada). Forse è vero che siamo solo insettucoli che descrivono cerchi sulla propria pietruzza, come si trova a scrivere l’autrice in Meditazione, ma il viaggio dobbiamo pur compierlo. E non quello a bordo dell’Apollo 11 (O luna, i passi pesanti dell’uomo / hanno osato raggiungerti) ma uno più interiore, che richiede una energica sterzata dello sguardo.
Perché, in fondo, vivere vuol dire «contare i giorni, ogni giorno».
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